E adesso concediamoci un po' di relax. Cliccando su questo link http://www.nienteansia.it/test/ troverete dei divertenti test psicologici per incrementare la conoscenza di voi stessi: test di personalità; test su disturbi e dipendenze, test di logica, memoria e abilità ecc...Buon divertimento!
Dott.ssa Francesca Ambrogio
Psicoterapeuta psicodinamico a Roma e Latina
Ricevimento
Si riceve per appuntamento. Cell: 3402501549; e-mail: francescaambrogio@virgilio.it
ad Acilia in via Macchia Saponara, 82
a Latina in viale P. Nervi, 124 (presso studio medico dott. Campagna)
ad Acilia in via Macchia Saponara, 82
a Latina in viale P. Nervi, 124 (presso studio medico dott. Campagna)
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martedì 11 giugno 2013
lunedì 26 novembre 2012
La malattia psicosomatica
Perché si parli di malattia psicosomatica è necessario che ci sia una lesione d'organo, come nei casi di ulcera, ipertensione, colite, dermatite, coronopatia ecc..
Per sviluppare una malattia psicosomatica vera e propria devono intervenire diversi fattori, quali la funzionalità e l'efficienza degli organi, l'esperienza di malattie organiche, fattori di personalità che possono ridurre la capacità di adattamento ed infine lo stimolo emotivo. Succede quindi che aspetti prettamenti psicologici s'intersecano con aspetti organici, è come se la nostra mente per esprimere un disagio scegliesse una parte del corpo: quella più debole o perché già ammalata o perché geneticamente soggetta ad una determinata malattia. La maggior parte dei pazienti psicosomatici presenta una sorta d' inibizione dello stato emotivo e di frustrazione, che cerca un'altra via di scarico attraverso la somatizzazione; riporto alcuni esempi:
- nell' ipertensione le aspettative frustrate creano irritazione e propositi di vendetta;
- nell' asma c'è frustrazione a causa di una figura autoritaria che genera angoscia e aggressività, ma nello stesso tempo con cui si ha un forte legame; c'è una repressione della richiesta d’aiuto che si manifesta sottoforma di un grido soffocato;
- nell' ulcera c'è un eccesso di senso di responsabilità per ottenere amore e riconoscimento; si tratta di persone molto indipendenti che reprimono il bisogno di dipendeza (lo stomaco invece si prepara a mangiare);
- nella colite c'è un conflitto tra richiesta d’aiuto e rifiuto di esso, quindi c’è incorporazione e espulsione
- nella coronopatia l'aspetto dominante è l' ansia del successo e dell’escalation;
- nelle malattie dei muscoli e degli arti ci troviamo di fronte ad un' educazione rigida per cui il bambino viene punito per le sue scariche motorie.
E' chiaro che questi aspetti psicologici e simbolici non possono da soli spiegare l'insorgere di una malattia, ma devono essere collegati, come dicevo sopra, ad una debolezza d'organo. Una persona che soffre di colite, per esempio, manifesta maggiormente il suo disagio sia quando mangia latticini o frittura, sia quando si trova in una situazione stressante; il nostro compito di psicoterapeuti è quello d'intervenire affinché uno stimolo emotivo non generi un malessere organico e d' interrompere la risposta disadattiva dell' organismo che è abituato a reagire in modo automatico. Esempi di stimoli emotivi sono:
-
Affrontare
la noia
-
Individuare
la causa di un problema
-
Protestare
per un torto subito
-
Affrontare
una protesta altrui
-
Perdere
-
Sentirsi
esclusi
-
Sentirsi
imbarazzati
-
Affrontare
un insuccesso
-
Opporre
un rifiuto
-
Accettare
un rifiuto
-
Affrontare
la pressione di gruppo
-
Prendere
una decisione
mercoledì 26 ottobre 2011
la depressione post-partum
La nascita di un bambino è un evento meraviglioso e carico di emozioni; ma allora perché in un momento felice come questo molte donne piangono e provano sentimenti di tristezza? Il Babyblues (come la definisce D. Winnicott) è uno stato di malinconia, caratterizzato da pianto, ansia e lieve depressione che colpisce circa l’80% delle madri intorno al 4° o 5° giorno dopo il parto e che si esaurisce nel giro di poche settimane senza lasciare traccia. Questo blues (malinconia) è una reazione al passaggio dal bambino immaginato al bambino reale. Il bambino reale attiva sentimenti ambivalenti, non solo l’amore e la gioia (sentimenti comunemente accettati), ma anche l’irritabilità (dovuta alla stanchezza), la frustrazione di non capire i bisogni del bambino o il suo pianto, i sensi di colpa, la paura di non essere una buona madre. Dobbiamo pensare che i legami più forti cha abbiamo sono contraddistinti dall’ambivalenza, cioè dalla presenta di sentimenti opposti, e questo è normale, solo che molte donne non si concedono il lusso di provare tutte le emozioni, anche quelle considerate inaccettabili e negative; inoltre questa lieve forma di depressione è associata anche al lutto che la donna vive, dovuto al primo distacco dalla sua creatura. Diverso invece è il caso della depressione post-partum, che è uno stato contrassegnato da ansia, disperazione, scarso appetito, affaticamento, pianto, cambi d’umore, paura di far male al bambino, disinteresse per il bambino, che sono dei sintomi simili a quelli del babyblues, ma più intensi e che durano anche un anno dopo il parto. Non ci sono delle vere e proprie cause fisiologiche, quanto piuttosto delle cause psicologiche, per cui un evento importante come quello del parto attiva nella donna dei vissuti negativi rispetto al proprio ruolo di donna e di madre, che s’inseriscono però in una personalità (quella della madre) con tratti depressivi precedenti all’evento. È come se il parto, che attiva delle dinamiche legate all’elaborazione del lutto, diventi un input in grado di risvegliare dinamiche depressive mai affrontate prima.
Come si cura la depressione post-partum? Dal momento che sono frequenti i casi di ricaduta, in cui i sintomi depressivi si manifestano anche in momenti molto successivi al parto, la terapia consiste in un abbinamento di antidepressivi e psicoterapia, volta all’elaborazione del lutto immaginario o reale.
sabato 22 ottobre 2011
Lo Stress
Siamo ormai abituati a considerare LO STRESS come la causa di molti problemi psicologici e psicosomatici, o meglio, quando non sappiamo dare una spiegazione ad un nostro disagio adduciamo lo stress come fonte di ogni problema. Anche se molto comune, questo modo di considerare lo stress è errato, in quanto esso non è una causa, ma una risposta dell’organismo ad una situazione d’allarme. Una situazione ritenuta dannosa per l’organismo produce quindi lo stress, cioè una risposta (o reazione d’emergenza come la chiama Cannon W., 1935), che ha dei correlati somatici: secrezione di adrenalina, accelerazione del battito cardiaco, sudorazione, riduzione dell’attività digestiva ecc.. Questa risposta dell’organismo è indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo. Pensiamo agli uomini primitivi o agli animali, il cui funzionamento è molto più semplice: di fronte ad un pericolo (per esempio un aggressore), ci sono due possibili risposte quella d’attacco e quella di fuga; entrambe le reazioni (quindi gli stress) sono accompagnate da sudorazione, riduzione dell’attività digestiva, accelerazione del battito cardiaco. Lo stress quindi è adattivo e non si può eliminare. A questo punto dovremmo chiederci: “Perché diventa così dannoso, fino a generare malattie psicosomatiche?”. Lo stress è dannoso quando diventa una risposta inappropriata rispetto alla situazione, cioè quando il nostro organismo si abitua a rispondere in maniera stressante di continuo e di fronte a situazioni che non sono eccessivamente pericolose, in questo caso si parla di Distress. Questo vuol dire che molte persone fanno un errore di valutazione. Sono sicura che molti leggendo avranno associato il traffico tra i primi fattori di stress, questo per esempio può avvenire perché queste persone hanno un problema di gestione del tempo e di senso di autoefficacia; se una persona fa dipendere il proprio senso di autoefficacia da quante cose riesce a fare durante l’arco della giornata, il traffico diventa un’ insopportabile perdita di tempo. Questo esempio molto semplice ci aiuta a capire che uno stimolo è stressante, quindi è capace di produrre un’attivazione emozionale importante solo quando noi lo percepiamo come tale, quindi spesso lo stress è condizionato da valutazioni e percezioni soggettive.
sabato 4 giugno 2011
Il significato simbolico delle Fobie
La fobia è una patologia della sfera nevrotica: essa indica la presenza di un conflitto inconscio. La psicodinamica spiega molo bene il significato ed i meccanismi che portano alla formazione di questo sintomo: quando gi impulsi minacciano di emergere dall’inconscio, viene attivato un segnale, rappresentato appunto dall’ansia, che a sua volta attiva dei meccanismi di difesa. Bisogna distinguere però la fobia dalla paura. La paura provoca un senso di fastidio e a volte anche evitamento, ma ciò che caratterizza la fobia, oltre al livello di compromissione e di invalidazione nella vita del soggetto, è la presenza di un conflitto: l’oggetto crea nel soggetto un’intensa paura e un’inconscia attrazione, c’è un meccanismo di attrazione/repulsione.
La fobia è dunque una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Le persone che soffrono di fobie si rendono perfettamente conto dell'irrazionalità di certe reazioni emotive, ma non possono controllarle.
L'ansia da fobia, o "fobica", si esprime con sintomi fisiologici come tachicardia, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti della paura, in realtà costituisce una trappola: ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l'evitamento successivo, quindi rinforza negativamente la paura.
Esistono vari tipi di fobie:
- Agorafobia: la paura di trovarsi in luoghi da cui è difficile o imbarazzante allontanarsi
- Fobia sociale: è una paura che riguarda le situazioni sociali o prestazionali
- Tipo animali: fobia dei ragni e fobia degli insetti (aracnofobia), fobia degli uccelli o fobia dei piccioni (ornitofobia), fobia dei cani (cinofobia), fobia dei gatti (ailurofobia), fobia dei topi
- Tipo ambiente naturale: fobia dei temporali (brontofobia), fobia del buio (scotofobia), fobia dell'acqua (idrofobia), fobia delle altezze (acrofobia).
- Tipo sangue-iniezioni-ferite: fobia del sangue (emofobia), fobia degli aghi, fobia delle siringhe
- Tipo situazionale: in questo caso la paura è provocata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, guidare, luoghi chiusi (claustrofobia) o volare (aviofobia).
È molto affascinante scoprire e comprendere il significato simbolico che assume l’oggetto o la situazione fobigeni, in quanto si ricavano molte informazioni sul conflitto sottostante e sulle modalità con cui tale conflitto viene spostato su un oggetto inizialmente neutro. Per quanto riguarda la fobia degli animali, il tema è quello del controllo degli istinti, per cui il soggetto temendo di essere sopraffatto dagli istinti, proietta questa paura all’esterno. Infatti, gli animali sono per loro natura istintuali ed imprevedibili ed i soggetti con questa fobia hanno paura specificatamente che l’animale possa all’improvviso saltare addosso; inoltre anche la componente del contatto fisico è importante, dal momento che questi soggetti hanno esplicitamente timore di essere aggrediti o anche solo sfiorati dall’animale (soprattutto nel caso della fobia dei volatili).
Nel caso dell’acrofobia, la paura è quella di perdere il controllo e di cadere ed è sotteso il meccanismo inconscio dell’autodistruzione.
Nel caso della rupofobia (paura dello sporco), lo sporco rappresenta qualcosa che contamina e provoca la morte, quindi rimanda al tema dell’aggressività contro se stessi e del senso di colpa. Nell’agorafobia e nella claustrofobia il tema del conflitto è quello dell’attaccamento e della separazione.
giovedì 26 maggio 2011
L'intelligenza Emotiva
Possiamo considerare l’Intelligenza Emotiva come l’insieme delle capacità che hanno alcuni individui di acquisire informazioni dall’esterno in base agli stati emotivi propri e altrui e di utilizzare queste informazioni come guida ai propri processi di pensiero e di comportamento. L'intelligenza emotiva comprende la percezione e la considerazione dei comportamenti emotivi non-verbali, come le sensazioni corporee, le espressioni facciali, il tono della voce e la gestualità esibita dagli altri. Vediamo quindi come il costrutto di EI implichi sia delle componenti legate alle caratteristiche di personalità che delle componenti cognitive. Infatti, l’accostamento di queste due parole “Intelligenza” e “Emotività” fa riflettere sul fatto che le emozioni possono essere pensate con intelligenza, in termini anche cognitivi, e che le emozioni possono produrre pensieri intelligenti. Anche a livello neurologico troviamo un riscontro sul fatto che le emozioni siano “pensate”, cioè elaborate dai centri neuronali “alti”, e che siano pensate a livello del tutto inconscio. La struttura che “attribuisce” un significato emotivo agli stimoli percepiti dall’interno o dall’esterno è l’amigdala. Come dimostrato da LeDoux (1996), oltre al circuito che dal talamo porta gli stimoli direttamente all’amigdala, in modo da consentire una rapida valutazione degli stessi e da attivare immediatamente una risposta del tipo attacco/fuga, vi è un circuito più complesso e più lungo che porta gli stimoli dal talamo alla neocorteccia e quindi all’amigdala, in modo tale da consentire ai sistemi cognitivi superiori del cervello di effettuare una valutazione più dettagliata dello stimolo, comprese le relazioni con gli altri stimoli e le rappresentazioni di esperienze passate, il che conduce ad una risposta emotiva più modulata.
Mayer e Salovey hanno elaborato un modello a “quattro rami”, il Four-Branch Model of Emotional Intelligence che mette in evidenza come l’EI, al pari del QI, possa essere composta di diverse abilità. Per cui alcuni individui potrebbero essere carenti in un’abilità e forti in un’altra, infatti, vi sono differenze individuali nella capacità delle persone di elaborare ed usare l'informazione. Individui con elevati livelli di Intelligenza Emotiva riescono facilmente ad identificare e descrivere i sentimenti in sé stessi e negli altri, a regolare efficacemente gli stati di attivazione emozionale in sé stessi e negli altri ad usare generalmente le emozioni in modo adattivo (Salovey et al, 1983; Salovey e Mayer, 1989/90).
Questo modello si compone appunto di quattro aspetti:
- Percezione ed espressione dell’emozione. Significa saper identificare ed esprimere le emozioni sia dal punto di vista fisico che da quello inerente i sentimenti ed i pensieri da trasmettere. Significa inoltre saper identificare ed esprimere le emozioni nelle altre persone. Una persona che coglie un’espressione di paura, anche se sfuggente, sul volto di un altro individuo, capisce molto di più, relativamente le emozioni altrui, rispetto ad un altro a cui sfugge tale segnale.
- Integrazione dell’emozione nei processi pensiero. Tale classe concerne la facilitazione dell’emozione alle attività cognitive. Le emozioni sono una complessa organizzazione di svariati sottosistemi inerenti la psicologia: prettamente psicologici, esperienziali, cognitivi e motivazionali. Le emozioni entrano nei sistemi cognitivi sia come sentimenti di cui si ha cognizione (è il caso, ad esempio, di una persona che pensa “Sono un po’ triste ora”), sia come alterazioni cognitive, (ad esempio quando una persona al momento triste pensa “Non sono bravo”). La facilitazione emotiva del pensiero si focalizza su come l’emozione influenzi il sistema cognitivo e, per esempio, su come possa essere imbrigliata per la risoluzione di problemi, il ragionamento, il prendere le decisioni e per gli sforzi creativi. Ovviamente la cognizione può anche essere danneggiata dalle emozioni, ad esempio da ansia e paura, ma le emozioni possono essere maggiormente decisive rispetto al sistema cognitivo nell’individuazione di ciò che è importante e di cosa sia meglio fare in un determinato stato d’animo.
- Comprensione ed analisi dell’emozione. Le emozioni producono un ricco e complesso insieme di simboli tra loro interrelati. La più importante competenza di questa classe concerne l’abilità di etichettare le emozioni e riconoscere le relazioni esistenti tra i differenti modelli presenti in un ipotetico vocabolario affettivo. L’intelligenza emotiva individuale risulta essere l’abilità di riconoscere che i termini usati per la descrizioni delle emozioni sono disposti in famiglie e che tali gruppi di termini emozionali formano insiemi sfocati. La persona che è in grado di comprendere le emozioni – il loro significato, come si mescolano tra loro, qual è la loro evoluzione nel tempo – ha la capacità di comprendere importanti aspetti della natura umana e le relazioni interpersonali.
- Gestione dell’emozione. Tale classe concerne la gestione e la regolazione dell’emozione in se stessi e negli altri, come ad esempio sapere come calmarsi dopo aver provato un sentimento di rabbia oppure come alleviare l’ansia di un’altra persona.
Una persona che ha "problemi emotivi" può essere carente in una sola o più di una tra queste competenze sopra elencate.
(estratto del seminario "L'Intelligenza Emotiva" tenuto presso la S.F.P.I.D)
martedì 22 marzo 2011
Che cos'è l' Attacco di Panico?
Spesso si utilizza il termine Attacco di Panico in modo improprio per indicare uno stato d'ansia. Invece questa parola ha un significato specifico e si riferisce ad uno stato di malessere, la cui caratteristica è un paura intensa senza sapere individuare un pericolo preciso; questa angoscia, che dura solo pochi minuti è accompagnata da una serie di correlati somatici e cognitivi, quali:
- palpitazioni, tachicardia
- sudorazione
- tremori
- affanno, sensazione di soffocamento
- dolore o fastidio al petto
- nausea o disturbi addominali
- sensazione di sbandamento o svenimento
- paura di perdere il controllo o di impazzire
- paura di morire
- formicolio
- brividi o vampate di calore
Una volta che si è verificato il primo Attacco di Panico, la paura persistente è che si presenti un altro attacco, per cui la persona può avere timore di uscire da sola, frequentare posti affollati, guidare. Questi sono i sintomi, quindi il modo in cui l'Attacco di Panico si manifesta, ma andiamo a vedere cosa esso rapresenta simbolicamente, quindi il suo aspetto "dinamico". L'Attacco di Panico si presenta in un momento particolare della vita della persona e cioè in corrispondenza di un importante cambiamento. Attraverso di esso la nostra psiche ci comunica che non siamo pronti e "maturi" per affrontare le conseguenze di questo cambiamento ed adattarci ad un nuovo stato di cose, che la nostra personalità sta scoprendo nuovi modi di essere a cui non siamo preparati, essendo legati a quelli passati. Nonostante quindi esso preoccupi per l'intensità della paura che scatena, è importante dare peso al suo significato inconscio.
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